AI Act, HR Tech e sicurezza: cosa cambia davvero?

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L’intelligenza artificiale (IA) è oggi uno dei motori principali dell’innovazione tecnologica, con applicazioni che spaziano dalla produzione alla medicina, dalla difesa al marketing, fino al mondo HR. Tuttavia, il suo utilizzo nei contesti più sensibili – come la selezione del personale o la gestione delle risorse umane – solleva interrogativi critici legati a etica, sicurezza e tutela dei diritti fondamentali.
Con l’entrata in vigore dell’AI Act (Regolamento UE 2024/1689), l’Unione Europea impone un nuovo paradigma normativo, che impatta direttamente anche le tecnologie impiegate in ambito HR Tech. Strumenti di screening CV, algoritmi di job matching, piattaforme di valutazione comportamentale e soluzioni di people analytics sono ora soggetti a una valutazione di rischio normato, con obblighi specifici di trasparenza, supervisione e tracciabilità.
Ma cosa cambia concretamente per le imprese che sviluppano o utilizzano queste tecnologie? E qual è il legame tra regolamentazione, cybersecurity e trasformazione digitale nell’ambito HR?

Il quadro normativo: definizioni e categorie di rischio
L’AI Act, approvato dal Parlamento Europeo il 13 marzo 2024, stabilisce una classificazione dei sistemi di IA basata su quattro livelli di rischio:
1. Inaccettabile – vietati (es. manipolazione cognitiva, social scoring);
2. Alto rischio – regolati e autorizzati, tra cui i sistemi HR Tech (screening automatizzato, analisi comportamentale);
3. Rischio limitato – obbligo di trasparenza (chatbot, assistenti virtuali);
4. Rischio minimo – sistemi esenti da obblighi (IA embedded in videogame, spam filter).
Gli strumenti di IA utilizzati per reclutamento, selezione, assegnazione di ruoli o gestione delle performance rientrano nella categoria “ad alto rischio”, ai sensi dell’Allegato III del Regolamento, con specifici obblighi di conformità e auditabilità.
Questo passaggio è cruciale per l’ecosistema HR: strumenti finora considerati neutri o addirittura migliorativi vengono ora visti come potenzialmente impattanti sulla libertà individuale, la privacy e l’equità dei processi.

HR Tech e AI: obblighi per sviluppatori e aziende
Le aziende che operano con soluzioni HR Tech basate su IA – sia come provider, sia come utilizzatrici – devono ora conformarsi a una serie di obblighi:
* Risk Management Lifecycle: mappatura dei rischi durante tutto il ciclo di vita del sistema;
* Data Governance: tracciabilità, correttezza, rappresentatività e assenza di bias nei dataset;
* Supervisione umana: obbligo di “human in the loop” per processi decisionali automatizzati;
* Documentazione tecnica e audit trail: log, versionamento, registri delle decisioni automatizzate;
* Comunicazione e trasparenza: informativa verso candidati, dipendenti e stakeholder.
Un esempio concreto? Un algoritmo di matching tra CV e job description, se non sufficientemente controllato, potrebbe penalizzare sistematicamente profili atipici o sottorappresentati, incorrendo in violazioni della parità di trattamento (Direttiva 2000/78/CE e AI Act, art. 10).

La sicurezza nei sistemi HR Tech: tra privacy e cyber risk
Il binomio HR Tech – Sicurezza assume un ruolo strategico nell’era AI. I dati personali trattati da questi sistemi sono tra i più sensibili, includendo spesso: preferenze professionali, valutazioni psicometriche, pattern comportamentali e dati biometrici (in caso di video-colloqui).
Tre le principali vulnerabilità da considerare:
1. Data poisoning – alterazione intenzionale dei dati di training;
2. Model inversion – deduzione retroattiva di dati sensibili;
3. Bias exploitability – sfruttamento di distorsioni note per manipolare il sistema.
Tali minacce, già presenti in altri ambiti dell’AI, si amplificano in HR a causa della delicatezza del dominio e delle ricadute giuridiche e reputazionali. Secondo l’ENISA Threat Landscape for AI (2024), i sistemi HR basati su AI sono oggi tra quelli a maggior esposizione a minacce avanzate nel settore privato.

Serve una nuova governance
Il nuovo scenario normativo e tecnologico impone alle aziende un modello integrato di governance del rischio AI, soprattutto nei processi HR, con responsabilità distribuite tra:
* Legal & Compliance – per l’adeguamento al quadro normativo;
* HR & People Strategy – per la supervisione sull’impatto organizzativo;
* IT & Cybersecurity – per la protezione delle infrastrutture e dei dati;
* Data Scientist & ML Engineer – per il monitoraggio tecnico dei modelli.
Un punto critico riguarda anche l’auditabilità delle decisioni algoritmiche: l’AI Act richiede che le decisioni siano “contestabili e spiegabili”, ma ciò comporta la revisione profonda di modelli black-box e l’adozione di framework di interpretabilità (es. SHAP, LIME, Explainable AI).

Cosa cambia davvero per HR?
Nel breve periodo, le aziende dovranno affrontare:
* Investimenti in adeguamento normativo e tecnico (es. sistemi explainable, piattaforme di monitoring);
* Nuove competenze in area HR Tech (compliance, AI auditing, fairness);
* Maggiore coinvolgimento dell’IT nelle operations HR;
* Ristrutturazione dei contratti di fornitura per tool HR esterni, che ora devono includere requisiti AI Act-compliant.
Ma c’è anche una prospettiva positiva. Le organizzazioni che sapranno governare il cambiamento potranno trarne vantaggi competitivi: maggiore affidabilità dei processi HR, incremento di fiducia e engagement, miglioramento dell’employer brand e riduzione dei rischi di contenzioso.

Conclusioni
L’AI Act rappresenta un punto di svolta per l’intero ecosistema HR Tech, aprendo una nuova fase fatta di trasparenza, responsabilità e sicurezza.
Ma il cambiamento non sarà solo normativo. L'introduzione di sistemi AI sempre più pervasivi impone un salto di qualità nella gestione del rischio cyber, nella progettazione etica dei sistemi e nella maturità organizzativa.
La sfida non è solo tecnologica. È culturale.
Chi opera nel settore HR dovrà abbracciare nuove competenze, nuove metriche e una nuova consapevolezza strategica. Non si tratta più di "se" usare l’AI, ma di come farlo bene, in modo sicuro, equo e conforme.

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Autore: Martina Pegoraro